Sede del Museo della Stampa, qui nacque il poeta Giovanni Fantoni Labindo, mentre nel 1471 Jacopo da Fivizzano vi stampò i primi libri con i caratteri tipografici mobili.

Palazzo Fantoni Bononi è sede del Museo della Stampa, attualmente chiuso per l’inagibilità dell’edificio a seguito del terremoto del giugno 2013.

Perché un Museo della Stampa proprio a Fivizzano?

Sulla scia dell’introduzione in Europa della stampa a caratteri mobili operata dal tipografo tedesco Johannes Gutenberg (1400-1468) nella città di Magonza, ben presto la nuova tecnica di produzione libraria si diffonde in tutto il continente, Italia compresa. Il tipografo Jacopo da Fivizzano, appresa l’arte della stampa a Venezia, ritorna nella sua città natale e qui, nel 1471, assieme a Giovanni ed Alessandro Comites in amore benigni, avvia la stampa di alcuni libri con i caratteri mobili (incunaboli), anticipando molte importanti città europee come Bruxelles, Barcellona e Londra.

Il Palazzo diede i natali a Giovanni Fantoni Labindo (1755-1807), poeta e uomo politico fivizzanese, che morì nella stessa stanza dove nacque e i cui resti sono attualmente sepolti nell’Oratorio di San Carlo Borromeo; a lui è dedicata la via che da Piazza Medicea porta al Palazzo Fantoni Bononi, lungo la quale si può trovare un monumento che lo rappresenta. Il nipote di Giovanni, Agostino Fantoni, ideò uno dei primi prototipi di macchina per scrivere nel 1802, per poter aiutare la sorella Anna Carolina, ormai cieca a causa di una malattia, nell’esercizio della scrittura. Del congegno non v’è rimasta traccia, ma alcune lettere conservate negli Archivi di Stato di Massa e Reggio Emilia (e in copia nel Museo) sembrano confermare la paternità dell’invenzione ad opera di Agostino.

Il 6 luglio 1848, nel salone d’onore del palazzo, il granduca di Toscana Leopoldo II eleva Fivizzano al rango di “Città Nobile”, mentre l’anno successivo la città diviene dominio degli Estensi fino all’Unità d’Italia nel 1861. Fra gli ospiti illustri di Palazzo Fantoni Bononi è da annoverare il poeta Giosuè Carducci, ammiratore di Labindo, che soggiornò in questo edificio e definì la città di Fivizzano “una perla sperduta tra i monti”.